Renato Ganeo, 74 anni, veneto, plurilaureato e poliglotta, consulente aziendale. Da 20 anni impegnato nella Cooperazione Internazionale, conoscitore nel Mondo (85 paesi visitati nei 5 continenti), giornalista-pubblicista, un rispettabile curriculum come Lions.Renato Ganeo, 74 anni, veneto, plurilaureato e poliglotta, consulente aziendale. Da 20 anni impegnato nella Cooperazione Internazionale, conoscitore nel Mondo (85 paesi visitati nei 5 continenti), giornalista-pubblicista, un rispettabile curriculum come Lions.

Che cosa ti ha portato nel mondo della Cooperazione Internazionale?

Alla fine degli anni ‘90, riconosciuto esperto nell’ambito delle PMI, mi fu affidata la responsabilità di progetti di cooperazione a finanziamento UE per il “trasferimento di buone pratiche” a micro-realtà produttive del Sud-Est Asiatico. Poi il contatto con UNV (United Nationa Volunteers) con nuovi incarichi per UNDP (United Nations Development Programme) in Africa ed America Latina. Obiettivo delle missioni era la formazione di nuova imprenditoria, in particolare giovanile e femminile. Progetti da impostare, valutare, finanziare (micro-credito) ed avviare per trasferirli poi a dei “tutor” locali (da formare pure loro). Sintesi: Uscire dalla povertà attraverso il lavoro.

Di cosa necessita il continente africano e il suo popolo?

L’Africa sta in un enorme quadrato di 7000 km. di lato e, come altri continenti, presenta grandi diversità tra Nord e Sud. L’aiuto all’Africa “povera” va individuato nella fascia centrale. Povera non solo economicamente ma anche di diritti, di rispetto, di conoscenza, di competenze tecniche ed economiche, di progetti di crescita, di istruzione adeguata, di formazione professionale, di relazioni e aiuti che aprano ad opportunità di sviluppo.

Tecnologie-risorse o cultura ed educazione all'impresa?

Entrambe. L’educazione all’impresa è basilare perché spiega l’esigenza di creare economia, cioè crescita. La cultura-educazione ha contenuto (e valori) più ampio, coinvolge principi sociali, quali la ripartizione in profitti e salari, il rispetto di diritti e norme etiche. Tecnologie-risorse sono gli strumenti ed i saperi per ottenere produttività, competitività, mercato. Il tasferimento di buone pratiche dovrebbe comprendere tutto questo, ovviamente attraverso l’azione di specialisti-esperti.


Cosa dovrebbe fare l'Africa per ridurre il gap con i paesi sviluppati?

La formula è: dialogo e buona volontà. “Aiutamoli a casa loro” non è sinonimo di “se ne stiano a casa loro” e la soluzione non è dare denaro a Governi non sempre specchiati. Conviene a tutti che nel mondo vi sia una più equa ripartizione della ricchezza, che è garanzia di equilibrio e pace sociale. Le disuguaglianze, lo sfruttamento sono una mina sempre pronta ad esplodere, è accaduto e può accadere. Dichiariamoci aperti all’Africa, rivolgiamoci alle giovani generazioni, presumibilmente più sensibili e più acculturate. Saranno di certo in grado di comprendere quanto il “nord” del mondo può aiutarli e sostenerli, senza secondi fini, senza sfruttamento. Il primo passo dev’essere nostro, spiegando lealmente come un aiuto iniziale possa poi svilupparsi in opportunità economiche per entrambi. E’ logico e normale che nel mondo ci sia chi compra e chi vende qualcosa ad un altro. Fare affari con chi abbiamo aiutato e ci è grato è la prova tangibile della validità di un progetto di cooperazione economica.

Quali effettivi aiuti e sostegni servono alla popolazione africana?

Credo di avere in buona parte risposto, ma provo a sintetizzare. Innanzitutto un approccio leale e trasparente al dialogo. Acquisizione di fiducia reciproca. Focalizzazione dei problemi e degli obiettivi. Idee per risolverli. Stesura di progetti realizzabili, non opere faraoniche che tali riamangono. Individuazione delle fonti di finanziamento. Messa a disposizione di esperti (volontari o quasi-volontari). Collaborazione-coordinamento con le Istituzioni ed Organizzazioni Internazionali.La frammentazione e la poca trasparenza delle associazioni  umanitarie che operano in Africa potrebbe essere un problema?A mio modo di vedere sono già un problema. Così numerose che non si conoscono tra loro e nessuno sa che cosa fa l’altro e dove. Questo condiziona e limita enormemente sia la concentrazione sulle priorità sia il coinvolgimento delle Istituzioni ed Organizzazioni Internazionali che l’accesso ai finanziamenti. Serve rigore da parte dell’Autorità Nazionale nella valutazione delle Associazioni Umanitarie e la concessione ad operare. Il muoversi da improvvisati può generare guai e casi anche recenti lo hanno dimostrato. Il MAE (Ministero Affari Esteri) potrebbe essere garante sia nel dialogo-relazioni con i Paesi africani, sia nella presentazione di progetti e relative richieste di finanziamento alle Istituzioni Sovranazionali ed Organizzazioni Internazionali. Attualmente le associazioni umanitarie realmente di primo piano sono le solite e meritatamente) note; ad esempio in Africa Save the Children, Medici senza Frontiere, Emergency, Cuamm. Sarebbe inoltre opportuna, addirittura necessaria, una netta separazione tra obiettivi umanitari-assistenziali ed economici-di sviluppo. Quest’ultimo è l’ambito nel quale io ho sempre operato. Le due tipologie di obiettivi possono anche essere perseguiti in parallelo, ma da soggetti distinti.

Sarebbe opportuno che le onlus e associazioni di volontariato lavorassero insieme?

Sarebbe soprattutto opportuno che, in presenza di condizioni e norme chiare come ho esposto più sopra, fosse chiara la ripartizione di ambiti, competenze ed attività. Se un progetto “appartiene” ad una sola entità il problema non si pone. Se invece risulta opportuna o necessaria la collaborazione allora vanno definiti i ruoli e gli obiettivi e, ovviamente un unico coordinamento. Se per collaborazione intendiamo invece scambio di informazioni, esperienze, relazioni, ecc. allora sia benvenuta la messa in comune di saperi e conoscenze.


Un pensiero per MK Onlus.

MK Onlus, piccola realtà, è però caratterizzata da una specializzazione che costituisce un plus. E’ focalizzata su un Paese, il Burkina Faso. Il valore di quanto ha fino ad oggi realizzato nel Paese africano sta non solo nella parte tangibile, ma anche e molto nella metodologia applicata dell’ “insegnare, lasciar fare, controllare”. Gli interlocutori sono giovani, in possesso di buona scolarità, che hanno a cuore il futuro del loro Paese. Chi meglio di loro può cogliere, interpretare e realizzare ciò di cui il loro Paese ha bisogno? MK Onlus è l’amico che consiglia, aiuta, insegna. La “nicchia” di MK Onlus è definita: il Burkina Faso. Cos’altro si può fare? Fare conoscere, informare, comunicare ciò che è stato fatto ed i progetti futuri. Coinvolgere le Autorità Diplomatiche di Italia e Burkina Faso, avere alleati che contano, che possono influire. Anche il Lions, con la sua forza associativa e di relazioni, fino all’ONU, possiede un potenziale sul quale investire. Del resto il We Serve è proprio questo.

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